Creare un'oasi nel deserto può essere una questione di bellezza oltre che di necessità?
Un giardino in una zona arida è di certo allo stesso tempo una gioia per gli occhi e un elemento di necessaria vitalità. Certo, questo in verità vale in qualsiasi punto del globo, ma in alcuni, come dire...vale di più.
Questi pensieri mi frullavano in testa leggendo un articolo che parlava di un esperimento ben riuscito che ha portato il frutto della ricerca Italiana ben oltre i confini nazionali.
Una tipologia di coltura sperimentata per la prima volta in Italia negli anni Settanta è stata utilizzata nel deserto mongolo per far ricomparire la vegetazione in una zona desertica. Si tratta della Policoltura MA-PI, messa a punto da Mario Pianesi e oggi utilizzata nel dieci per cento delle colture nella zona delle Marche, sua terra d'origine.
Si basa su pochi principi che in breve tempo renderanno quasi superfluo l'intervento dell'uomo:
- lasciar andare a seme una parte delle piante in maniera che si riseminino da sole;
- rispettare la stagionalità e la rotazione naturale;
- coltivare le specie che sono tipiche della zona;
- coltivare in consociazione;
- a raccolta avvenuta lasciare che le parti non raccolte marciscano.
Seguendo queste regole di base in cinque anni è stato possibile bloccare l'avanzata del deserto del Gobi nel distretto di Rashaant in Mongolia.
La portata di studi come questo (e ovviamente questo tipo di ricerca è portato avanti da scuole di pensiero anche molto diverse) è enorme, e investe sia le questioni ecologiche che la sfera dell'alimentazione. E tuttavia continuo a pensare che sia di enorme interesse anche per chi, come me, si interessa principalmente di giardini.
Tante domande e nessuna risposta mi lasciano la voglia di approfondire ancora l'argomento.
Sunday, 10 September 2017
Wednesday, 16 August 2017
Vecchio blog, nuovo blog. E un'incursione nella Botanica del Desiderio

Era un'idea ambiziosa, che richiedeva un impegno e una dedizione non facili da assicurare per chi come me ha un lavoro a tempo pieno da portare avanti.
La scelta della lingua inglese poi, che non è la mia lingua madre, toglieva quella spontaneità che un blog dovrebbe avere, o che io sento di voler dare oggi a questo blog.
Per cui eccomi qua. Nuovo blog, vecchio blog, nuova lingua (ma non è detto che sia sempre così) e nuovi contenuti. I giardini e la natura sempre protagonisti ma vincolati da meno costrizioni.
Inizio subito raccontando di un libro che mi ha fatto riflettere e appassionare: La botanica del desiderio. Il mondo visto dalle piante.
L'autore, Michael Pollan, è un giornalista americano che chi ama la natura, il giardinaggio e i libri di inchiesta deve assolutamente conoscere. Ci racconta la storia del mondo, o di un certo mondo, attraverso la storia di quattro piante, la mela, il tulipano, la cannabis e la patata, e del loro rapporto con l'uomo e con il territorio che le ha viste nascere e svilupparsi.
Ho scoperto per esempio, grazie a una narrazione vivace e mai scontata, che a Geneva, nello stato di New York, esiste un frutteto che raccoglie 2500 varietà di mele provenienti da tutto il pianeta, e ho incontrato un uomo, John Chapman, detto Johnny Applesedd (Semedimela) che aveva fatto della diffusione della mela una vera e propria missione, andandosene in giro a piantare alberi in tutti gli Stati Uniti.
Ho imparato che il tulipano un tempo era molto più prezioso se si allontanava dalla monotonia di un unico colore e lasciava spazio a qualche screziatura. I coltivatori olandesi ricercavano le screziature con ogni mezzo, prima di scoprire che l'artefice di queste mutazioni era un virus, il quale mentre rendeva i fiori sempre più magnifici, allo stesso tempo ne indeboliva irrimediabilmente i bulbi.
Ho riso leggendo di quando l'autore seminò delle piante di marijuana in giardino e queste divennero così alte da metterlo in imbarazzo di fronte a chi si trovasse a passare da casa sua, e mi sono addentrata nel mondo variegato e a volte inquietante della coltivazione delle patate, tra ibridi creati per non essere attaccati dai parassiti e campi letteralmente ricoperti di fertilizzanti chimici. Il dilemma che si pone è quindi: preferisco un ortaggio creato in laboratorio o uno teoricamente più naturale, ma che per arrivare intatto alla mia tavola deve essere letteralmente innaffiato di pesticidi? Può ancora esistere una terza via più salutare nella società di oggi?
Il pregio maggiore di un libro come questo è di stuzzicare la curiosità del lettore, la mia lo è stata di sicuro, e Pollan è diventato rapidamente uno dei miei autori di riferimento.
Pollan, Michael. The Botany of Desire. Random House, 2001. (La botanica del Desiderio. Il Saggiatore. Milano, 2005).
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